Effetto coronavirus: meno diagnosi e interventi per tumore al seno

Senonetwork Italia Onlus sta conducendo un’indagine per valutare l’impatto dell’emergenza Covid-19 sull’attività delle Breast Unit. L’attività diagnostica è stata dimezzata nel 40% dei centri
L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ormai da mesi ha avuto conseguenze inevitabili per gli ospedali. Ma qual è la situazione nei centri di senologia, soprattutto in quelli all’interno degli ospedali che trattano i pazienti affetti dalla Covid? Ci sono ripercussioni sul percorso di cura del tumore al seno? Sembrerebbe di sì: la situazione appare abbastanza critica soprattutto per la diagnostica, che è fortemente diminuita in quasi tutti i centri, e per l’attività chirurgica che, di pari passo, ha registrato una significativa riduzione in oltre il 70% delle Breast Unit. A rivelarlo un’indagine condotta da Senonetwork Italia Onlus, che ha inviato un questionario ai 133 centri senologici della sua rete e, a distanza di 20 giorni circa, ha ottenuto la risposta da 100. L’associazione riunisce infatti la maggior parte delle Breast Unit di tutte le regioni, che nell’insieme trattano il 91% dei nuovi casi di tumore al seno che si verificano ogni anno in Italia.
 

Emergenza Coronavirus nelle Breast Unit

Innanzitutto, per distinguere una Breast Unit da un altro centro, il primo criterio da rispettare riguarda il numero di interventi: questi ultimi devono essere almeno 150 in un anno. Dei 100 centri che hanno risposto al questionario, infatti, il 30% ha trattato da 200 a 300 casi di tumore del seno in un anno e oltre il 25% più di 400 casi. C’è da dire che quasi tutti i centri (88%) che hanno risposto al sondaggio sono all’interno di ospedali o aziende che trattano pazienti affetti dalla Covid-19, ma la maggior parte - quasi il 60% - si trova nel Nord Italia. In particolare, il 23% in Lombardia che è la regione con più Breast Unit, ma anche quella maggiormente colpita dall’epidemia, con oltre 70 mila casi positivi segnalati finora.
 

Diminuzione di diagnosi e interventi

Il dato più preoccupante riguarda l’attività diagnostica che risulta fortemente diminuita nella maggior parte dei centri (87%) che hanno risposto. In particolare il 38% degli intervistati ha affermato che nel proprio centro di riferimento si sia ridotta di oltre il 50%; il 39% che sia diminuita dall'11 al 50% e il 10% che sia diminuita, sebbene non di molto. Stessa cosa per gli interventi chirurgici: le sedute operatorie di chirurgia senologica sono diminuite nel 74% delle Breast Unit che hanno risposto al sondaggio (nel 40% dei casi si è registrata una diminuzione degli interventi di oltre il 30%); nel 26% delle strutture, invece, il numero degli interventi sono rimasti invariati. “Per quanto riguarda la riduzione delle diagnosi - precisa Corrado Tinterri, responsabile dell’Unità operativa di Senologia e Direttore della Breast Unit dell’Istituto clinico Humanitas di Milano - bisogna tener presente il fatto che le attività di screening si sono fermate e tutti gli ambulatori pubblici e privati sono stati chiusi. Parallelamente è diminuita l’attività chirurgica. Quest’ultima ha incontrato maggiori difficoltà anche a causa della riduzione della disponibilità delle sale operatorie degli ospedali che in moltissimi casi, come emerge dal sondaggio, sono stati impegnati a gestire l’emergenza Covid”.
 

Il caso della Lombardia

Proprio prima dello scoppio dell’epidemia, cioè il 19 febbraio, un provvedimento regionale aveva stabilito che il tumore al seno sarebbe stato curato esclusivamente in centri di assoluta eccellenza - appunto le Breast Unit - che si prendono cura della donna in tutte le fasi della malattia. Ora, di fronte all’emergenza, per garantire la continuità delle cure ai pazienti oncologici, la regione Lombardia si è organizzata attraverso una rete oncologica sul modello hub e spoke, cioè strutture di primo livello (hub) collegate a più centri a maggiore specializzazione (spoke) che offrono determinati servizi. Sta funzionando? “Purtroppo - risponde Tinterri - la situazione rimane difficile, anche per la paura da parte delle pazienti di contrarre l’infezione da SARS-Cov 2. Molte donne, infatti, preoccupate per l’epidemia di Covid possono aver sottovalutato la prevenzione per altre patologie che sappiamo avere un alto tasso di incidenza come, appunto, il tumore del seno. Per quest’ultimo, abbiamo stimato circa un 40% di casi in meno che riflettono un importante ritardo diagnostico. È un dato molto pericoloso, perchè ovviamente ritardando la diagnosi si rischia di registrare un aumento di mortalità”.
 

Situazione difficile, ma sotto controllo

La situazione è inevitabilmente difficile: in una scala da 1 (per nulla) a 5 (moltissimo), circa l’80% dei coordinatori dei centri di senologia che hanno risposto al questionario ha affermato, infatti, di essere preoccupato da “abbastanza a moltissimo” per l’organizzazione del proprio centro. Ma per quasi il 60% per adesso la situazione in termini di accesso alle cure e di qualità dei trattamenti, sebbene critica, rimane sotto controllo. Come emerge dal sondaggio, nel 65% dei centri, nessuno del personale medico o infermieristico che ha a che fare nello specifico con le attività senologiche è risultato positivo all’infezione SARS- CoV 2 o è stato sottoposto a quarantena per un contatto stretto documentato con una persona infetta.
 

Trasferimento di pazienti da un centro a un altro

Sebbene quasi il 40% degli intervistati abbia riferito di aver sentito lamentele da parte delle pazienti per l’accesso alle cure, le donne hanno sempre mostrato comprensione nei confronti delle difficoltà dovute all’emergenza. Resta il fatto che molte Regioni, come riferisce il 66% dei coordinatori delle Breast Unit interpellate, si sono trovate nella necessità di accorpare strutture per motivi organizzativi o di trasferire temporaneamente il trattamento chirurgico, oncologico o radioterapico delle pazienti con tumore al seno da un centro a un altro. L’attività di radioterapia, infatti, è stata garantita solo nel 53% dei casi, sebbene la tempistica relativa ai referti dell’anatomia patologica non abbia subito variazioni nel 74% dei centri: “questo - spiega Tinterri - dipende anche dal fatto che i casi si sono ridotti. Ora, infatti, l’obiettivo è far sì che le donne ritornino a eseguire le visite di controllo per la diagnosi precoce e si rivolgano per la cura esclusivamente ai centri di senologia multidisciplinari”.

Un altro aspetto da considerare riguarda la possibilità che le donne, per paura di contrarre il coronavirus, si rivolgano ad altri centri che non rispettano i criteri delle Breast Unit e non assicurano la presenza di team multidisciplinari e multiprofessionali. Come emerge dal sondaggio, infatti, nonostante nella maggior parte dei casi il carattere multidisciplinare abbia subito delle modifiche, in tutte le Breast Unit è sempre stato garantito e mai completamente annullato. Precisamente, in quasi il 40% dei centri il confronto tra i diversi esperti è stato mantenuto, ma organizzato in videoconferenze; nel 33% è stato ristretto al core team e nel 22% dei casi limitato ad alcune telefonate organizzative e di scambio di opinioni tra specialisti.
 

Il questionario per i pazienti dell’Associazione Codice Viola

Intanto un’associazione di pazienti, Codice Viola, sta diffondendo un questionario tra i pazienti in cura o in follow-up, per scattare una fotografia dello stato delle cure oncologiche in tempi di Coronavirus. Dalle prime risposte (oltre 480, date soprattutto da pazienti con tumore del pancreas, del seno e del sangue) emerge anche da questa prospettiva una criticità soprattutto per le diagnosi e gli interventi chirurgici, mentre l'impatto sembra meno forte sulle attività dell'oncologia medica. 
 
 
Fonte : La Repubblica