Ogni anno il tumore alla mammella viene diagnosticato in circa
50.000 donne. La sopravvivenza a 5 anni era del 74% nel 1997, oggi si
avvicina al 90%.
Questa tendenza positiva non riguarda però le pazienti di età superiore
ai 70 anni. Infatti mentre globalmente la mortalità si è ridotta
dell’1.3% l’anno, questo dato nelle donne anziane si ferma allo 0.4%.
Il problema è di grande rilevanza se si considera che in Italia ogni
anno il tumore alla mammella colpisce oltre 17.000 donne di età
superiore ai 70 anni e che attualmente in Italia vivono più di 240.000
donne anziane alle quali è stata diagnosticata questa patologia.
Il problema diventa ancora più rilevante se consideriamo le donne in cui
la diagnosi è posta in età più giovanile ma che presentano una ripresa
della malattia in età avanzata.
Il sottotrattamento è un problema noto che riguarda questa popolazione.
Le cause sono molteplici e vanno da un non-adeguato inquadramento dello
stato di salute della paziente a una ridotta rappresentazione della
stessa negli studi clinici con conseguenti limitate evidenze
nell’applicare le innovazioni terapeutiche nella pratica clinica.
Si stima infatti che nel 2050 in Italia gli ultrasessantacinquenni
saranno il 35.9% della popolazione totale, con una aspettativa di vita
media pari a 82.5 anni ( 80 per gli uomini e 85 per le donne ).
In questo contesto, considerando che l’età rappresenta il principale
fattore di rischio di tumore alla mammella, assumendo che l’incidenza di
questo tumore continui a rimanere costante, assisteremo a una crescita
esponenziale del numero di donne sopra i 70 anni a cui viene
diagnosticata la patologia.
Due punti fondamentali sono migliorare l’approccio alla paziente anziana e aumentare l’evidenza dei trattamenti.
Con paziente anziana s’intende una popolazione estremamente eterogenea
composta da un lato da donne definite fit, cioè donne che hanno una vita
assolutamente indipendente e attiva e anche una vita sociale florida, e
dall’altro lato da donne fragili affette e afflitte da un alto livello
di comorbidità.
Tra questi due estremi esiste un’ampia casistica.
Si deve pertanto pensare alla personalizzazione della cura tenendo in
considerazione l’eterogeneità della paziente, il cui stato di salute
deve essere adeguatamente valutato.
Per aumentare l’evidenza dei trattamenti è fondamentale promuovere studi
clinici specificatamente condotti nella paziente anziana e abbattere
l’età come criterio di esclusione da studi clinici condotti nella
popolazione generale, rendendo così possibile condurre analisi di
sottogruppo nella popolazione anziana.
Commenti